Il Corriere della Sera intervista Bruce Dickinson

Nell’edizione odierna de Il Corriere della Sera è disponibile un’intervista a Bruce Dickinson.

L’intervista dell’inviata Elisabetta Rosaspina si sofferma sulla malattia di Bruce Dickinson, non mancano alcune domande sul nuovo album, The Book of Souls. l’intervista dal titolo La Voce degli Iron Maiden è disponibile a pagina 43 dell’edizione di oggi de Il Corriere della Sera.

Di seguito la trascrizione dell’articolo:

DALLA NOSTRA INVIATA – PARIGI « Stanza 1006» informa il concierge. Peccato. Da Bruce Dickinson, 57 anni, frontman dei luciferini Iron Maiden, ci si poteva aspettare che in hotel pretendesse inderogabilmente la 666, il numero della bestia, «The Number of the Beast». Uno dei loro maggiori successi. Invece è tutto così normale nella suite del «killer» inglese, a Parigi per presentare in anteprima il nuovo album, il 16esimo del repertorio heavy metal del gruppo, in uscita il 4 settembre, «The Book of Souls».
Proprio qui, ai Guillaume Tell Studios, un anno fa Bruce Dickinson iniziava a incidere il nuovo disco con Steve Harris, Dave Murray, Janick Gers, Nicko McBrain e Adrian Smith, quando si è accorto di una strana pallina che lo disturbava sulla lingua: «E cresceva, fino a raggiungere le dimensioni di un’albicocca – prosegue calma la celebre voce degli Iron Maiden -. Volevo pensare soltanto a un linfonodo ingrossato. Ma avevo consultato il Dottor Wikipedia e sapevo già che tipo di tumore era cinque settimane prima che mi fosse diagnosticato. Non ne avevo ancora la certezza, sapevo che era una possibilità, ma ho voluto aspettare di aver finito l’album, prima di andare dal medico».
La prima visita da uno specialista francese, la prescrizione di una biopsia, le conferme ai sospetti di quella vocina interiore che alternava ottimismo e pessimismo. Come ha reagito? «I tumori, si è scoperto alla fine, erano due. Nei primi cinque minuti ti chiedi: perché proprio a me? Poi rifletti e cambi domanda: e perché no? Pian piano accetti e rispetti l’avversario. Per batterlo».
Pilota professionista, Bruce sa come predisporre un piano di volo in vista di una tempesta: «Ho voluto trascorrere Natale in famiglia e me lo sono goduto. È stato un bel Natale, ho messo su due chili. Da 75 sarei sceso a 66 dopo nove mesi di chemioterapia e vari cicli di radioterapia . Ora ne peso 68, come quando avevo 21 anni. Ma ci sono modi migliori per arrivare a questo risultato» ride.
Bruce non ha fretta di cambiare argomento, di parlare del primo doppio album mai registrato in studio dalla sua formazione (11 tracce, 92 minuti), di «Empire of the Clouds», la sua canzone più lunga, 18 minuti e un secondo, definiti da Steve «il capolavoro di Bruce», del tour di due anni che inizierà nel 2016 e che «sì, certamente ci porterà anche in Italia», dove nel 1981, appena 23enne, esordì a Bologna come fresca recluta della band, al posto di Paul Di’Anno.
Prima, vuole rassicurare i suoi fan: «La mia laringe è a posto, non è stata intaccata. La voce sta tornando. Posso di nuovo raggiungere tonalità alte. Il problema è che i muscoli si erano adattati a quella massa che ora non c’è più. Ho dovuto portare pazienza, e non ci sono abituato». Eppure i medici erano deliziati da quel paziente: «Alla fine mi hanno detto che ero uno dei più divertenti capitati loro. Quando mi hanno anticipato che, come spiacevole effetto collaterale avrei perso il senso del gusto, l’ho trovato interessante. Ora è tornato all’8 per cento, non sento i sapori aspri, limone o arancio, né dolci. Quando mi hanno dato la morfina speravo di sperimentare tutte quelle visioni che si dicono. Invece è stato deludente. Mi ha fatto sentire solo molto stanco».
È un omaggio ai pionieri del cielo «Death or Glory», una delle canzoni del nuovo album, scritta con Adrian. Parla di un triplano, di combattimenti aerei, e del Barone Rosso, giusto? «Sì, del suo Fokker, uguale al mio (e con cui pochi giorni fa si è cimentato in un atterraggio d’emergenza, applaudito dai piloti della Raf). Sono parole di Von Richtofen: gira come un diavolo, si arrampica come una scimmia. E mi sembravano perfette da inserire nel testo». Si torna a volare con «Empire of the Clouds»: «È la storia del dirigibile inglese R101, precipitato a Beauvais, in Francia, scatenando più emozione in Gran Bretagna dell’affondamento del Titanic. Morirono in 48, tra cui il ministro dei Trasporti e vari politici, che avevano insistito per decollare nonostante le condizioni meteorologiche proibitive. Era l’inaugurazione dei collegamenti tra Inghilterra, India e Australia. L’intero impero britannico. Quella notte l’aeronave era sovraccarica. L’ultima cosa imbarcata fu il tappeto rosso delle autorità. Non volevano lasciarlo. Fu sistemato a prua e fu fatale».
Per Bruce c’è anche di meglio nella raccolta. «Il mio brano preferito non l’ho scritto io. È “Tears of a Clown”: parla di Robin Williams». L’attore premio Oscar, protagonista dell’ Attimo fuggente , suicida un anno fa: «Wonder why he’s feeling down», chissà perché si sente infelice. Chi è la oggi Bestia? L’Isis? La guerra? La crisi? «Nessuno di noi fa politica. Eddie (la mascotte zombie ndr ) è dentro di noi, è il nostro lato oscuro, ma noi lo portiamo fuori dall’ombra. Rende più interessanti le nostre canzoni. La Bestia dei Maiden è primitiva, fa fare cose pazze»