“The Number of the Beast” 30th anniversary: le armi di Adrian Smith

È impressionante come a distanza di 30 anni siano moltissimi i brani di “TNOFB” che i Maiden ripropongono dal vivo ancora oggi.

Questo perché probabilmente, come ebbe modo di ricordare lo stesso Martin Birch, l’essenza stessa di quest’album ed il particolare momento storico nel quale venne registrato (il boom della NWOBHM) furono tali da renderlo addirittura immortale.

Adrian Smith partecipò alla composizione di diversi pezzi e stilisticamente ciò che aveva iniziato con “Killers” prese forma in modo definitivo con “TNOTB”. La capacità di “costruire”, nota per nota, riff e assoli memorabili si sposava alla perfezione con lo stile più istintivo e selvaggio di Dave Murray: due estremi della stessa medaglia.

Nel brano d’apertura, “Invaders”, ascoltiamo le chitarre suonare ad un ritmo forsennato, inusuale per i Maiden. Ciò che caratterizza il solo di Mr.Smith nella parte centrale è un doppio passaggio di tonalità dal do maggiore al sol maggiore. Una particolarità che verrà ripresa anche in futuro (vedi “The Prophecy” 1988). Il tappeto di chitarra che fa da sottofondo ad entrambi gli assoli rappresenta una progressione d’accordi che si trasformano poi in un vero e proprio riff.

Con “Children of the Damned” si apre la lunga striscia di canzoni memorabili dell’album (e a pensarci bene decisive per il proseguo del cammino stellare dei Maiden) nella quale Smith ha un ruolo di primo piano perché spetta a lui l’unico solo di chitarra, preceduto da una delle armonizzazioni che ha reso celebre lo stile compositivo dei Maiden. L’assolo di Adrian è in questo caso tanto essenziale quanto diretto ed è basato quasi interamente sulla tecnica del tapping.

The Prisoner” è la prima canzone del disco scritta da Smith in collaborazione con Harris e, sebbene Adrian sia ricordato per aver scritto singoli immediati e di grande successo (vedi “Wasted Years”) in questo caso lo troviamo alle prese con un pezzo della durata di oltre sei minuti all’interno del quale troviamo una parte strumentale che cambia tonalità rispetto alla strofa e al ritornello ma che soprattutto ci conduce verso uno dei più begli assoli di quel periodo: un assolo costruito quasi a tavolino, nel quale trova spazio prima una parte “semi-neoclassica” e poi una seconda parte dal sapore decisamente più “bluesy”

22 Acacia Avenue” è forse la canzone che più sembra appartenere al biondo chitarrista di Hackney. Il riff iniziale d’apertura così come quello che segue lo stacco di batteria e voce sono creature di Adrian che conclude la song con una parte solistica anche qui molto “ragionata” ma che stavolta segue in tutto e per tutto la vena rock–blues dei riff portanti della canzone: capolavoro. Con grandi quantità di flanger le chitarre dei Maiden ci introducono alla title track dell’album, caratterizzata da una parte centrale molto ricca dove troviamo racchiuso in poco più di due minuti buona parte del bagaglio chitarristico di un giovane Smith: un riff potente per introdurre la parte solistica del compagno di tante battaglie Dave e subito dopo un assolo tagliente che ha la capacità di penetrare a fondo nelle orecchie e nella mente dell’ascoltatore, quasi come fosse una spada ben affilata.

In “Run to the Hills” è Dave a far da padrone ed Adrian si limita ad una rithm guitar massiccia e stabile per tutta la durata della canzone. Ascoltando “Gangland” la parte che più attira la nostra attenzione è l’armonizzazione centrale di “Blackmoriana” memoria. Con un buon impianto stereo e facendo attenzione durante l’ascolto è possibile intuire come le chitarre registrate siano in questo caso tre anziché due. In tre suonano il riff principale armonizzandolo con degli intervalli di terza e quinta creando una sorta di “mini-coro” che canta le differenti voci.

Halllowed be Thy Name” chiude la versione originale dell’album. Molte Band avrebbero fatto carte false per comporre una canzone del genere nella quale ci si imbatte subito nell’intro caratterizzato da chitarre effettate da chorus che evidenziano ancor di più il pathos e l’angoscia del protagonista, in attesa di salire sul patibolo. La parte strumentale di Hallowed è la più lunga di tutte le songs presenti su “TNOFTB” e le chitarre sviluppano quel senso di disperazione che svanisce nell’istante in cui il pezzo inizia a scatenarsi, quasi a rappresentare la liberazione del nostro eroe condannato a morte certa. Subito dopo ascoltiamo i due assoli al fulmicotone! La versione dal vivo è forse la più famosa degli Iron Maiden e quella da disco sembra forse un po’ ingabbiata rispetto alle corse, alle acrobazie, agli incitamenti e all’emozione che si vive nel vederla di persona.

Con dei suoni di chitarra molto vicini al precedente “Killers” ma più maturi e ancor più solidi si ha la possibilità di ascoltare la nascita di un chitarrista che perfezionerà il suo stile nel tempo grazie agli album che seguiranno. Ma la sua naturale abilità nel “far cantare” la chitarra è un dono che ritroviamo interamente su “TNOTB”.

Possedere la capacità di stampare nella mente e nei cuori dei fan ciò che si suona col proprio strumento spetta solo ai più grandi artisti ed Adrian Smith rientra senza alcun dubbio in questa straordinaria categoria.